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.Un tonfo sul piancito, un piccolo scoppio secco: lalampada.Ada disse umilmente:  Dormivo.Provai acuto rammarico per la bella lampada, e insie-me acuta pietà per Ada che si era mossa nel sonno, e lecui dita avevano avuto presa; pietà uguale a rammarico,come se Ada stessa si fosse in qualche modo spezzata.Letteratura italiana Einaudi 98 Lalla Romano - Tetto muratoXXXVIICadde altra neve, e ancora neve.Il silenzio fasciò,sempre piú compatto, la camera; la luce opaca, fioca, deibrevi giorni, non giungeva piú fino al letto di Paolo; soloil risvolto del lenzuolo rifletteva il bianco di fuori ediffondeva uguale tristezza.Non si poteva combattere il crepuscolo con la lampa-da, per la solita economia del petrolio.Non si potevapiú, nemmeno, tenere accesa la stufa per tutto il giorno,perché la provvista di segatura si andava consumandoné pareva ci fosse possibilità di rifornimento.La seghe-ria era ferma.Perché Paolo non se ne accorgesse e non se ne afflig-gesse, Ada fingeva di dimenticarsi di dare l ordine a Do-menica di preparare la stufa, che una volta accesa anda-va fino a consumazione.Quando era sola con Domenica, che naturalmenteera al corrente della difficoltà perché, anzi, era lei che sirecava alla segheria, Ada provava a chiederle il suo pare-re: Cosa devo fare, Domenica?Domenica si fermava sulle sue gambe-colonne un podivaricate, fissava un istante nel vuoto, corrugando lesopracciglia come se riflettesse, e invariabilmente ri-spondeva: Non so proprio cosa dirle.Non vi era ombra di compiacenza in quelle parole, nénel modo con cui venivano pronunziate; eppure quellasentenza che rivendicava tutta la libertà di Domenica didisinteressarsi della cosa e insieme alludeva alla irrime-diabilità della cosa stessa, riusciva crudele per Ada, e an-che irritante (nella misura in cui lei pure era capace di ir-ritarsi); benché fosse cosa certa che Domenica nonaveva inteso fare dell ironia, né avrebbe saputo.Spirava,Letteratura italiana Einaudi 99 Lalla Romano - Tetto muratodalla sua persona, equilibrio e solidità fisica, ma non bi-sognava pretendere anche una morale; come alla sempli-ce natura non bisogna chiedere oracoli.Tutt al piú qual-che volta Domenica, nella sua buona intenzione dipartecipare, emetteva un breve sospiro di rammarico.Ada si rassegnava presto a non almanaccare oltre conDomenica, anche se quello avrebbe potuto essere un mi-nimo conforto.Riprendeva semplicemente a sperare chequalcosa sarebbe accaduto.Come cessò di nevicare, un freddo glaciale calò sullacampagna e sulle case.Ada fu costretta a tenere accesa continuamente la stu-fa; e veder versare quelle palate di segatura  lo facevaDomenica, col suo piglio largo e risoluto  era come sevedesse buttare al fuoco la farina destinata al pane.Io chiesi di vedere il mucchio, in un androne nel pas-saggio d ingresso.A me parve ancora grande; ma Dome-nica, che era pratica, aveva dichiarato senza esitare chece n era al massimo per una settimana.Letteratura italiana Einaudi 100 Lalla Romano - Tetto muratoXXXVIIIPaolo era inquieto come non era stato mai.Cosí in-quieto che Ada si aspettava, temeva non sapeva che co-sa, ma temeva, e lo teneva d occhio.Di tale sorveglianza, consistente in occhiate che vole-vano sembrar distratte, rapidissime, Paolo si accorgeva ela sua insofferenza era al colmo; che anche Ada contri-buisse a irritarlo, a ribadire i muri della sua prigione, gliriusciva insopportabile.I dolori si erano per il momento chetati; ma non erameno tormentosa l irrequietezza, un senso di soffocazio-ne, infine una smania di fuggire.L irrequietezza doveva dargli una illusione di energia:Ada entrando nella camera lo vide che, febbrilmente, sivestiva.Provò sgomento, paura quasi, ma non disse nulla.Sic-come Paolo non la guardava, ma pareva affrettarsi, arri-schiò, con la sua particolare imprudenza di certi mo-menti: Vuoi che ti aiuti? Non occorre, grazie.Paolo aveva risposto con una cortesia affettata, daestraneo; con un sorriso breve, freddo.Ada arrischiò ancora, premurosa, e ancora sbaglian-do: Ti senti di scendere?  E perché non dovrei sentir-mi?  E lei, con la sua voce non piú squillante, ma rotta,quasi afona per l emozione: Certo; anzi.Ma quando egli si fece dare il cappotto, e se lo andavaabbottonando con le sue mani esangui, convulse, a leisfuggí un grido: Vai fuori?  Ho bisogno d aria,  egli rispose.Non ci resisto piú qui dentro.Letteratura italiana Einaudi 101 Lalla Romano - Tetto muratoAda si trasse da parte quando egli si diresse, un poprecipitoso e incerto  come un uomo ferito  alla porta,e lo ascoltò scendere la scala, sperò che incontrasse labambina  chi sa? qualcosa che lo fermasse  perchénon c era dubbio che non sarebbe tornato indietro.Quando non lo sentí piú, scese nella cucina per seguiredalla finestretta che dava sulla strada, le sue mosse.Nel-la cucina io giocavo con Nani.Dalla faccia di Ada com-presi che succedeva qualcosa di peggio della fine dellasegatura.Ada mi prese per la mano, e siccome dalla finestrettanon si vedeva nulla, tanto era alta la neve, uscimmo.Paolo si allontanava nella direzione del fiume e dovevacon fatica a ogni passo sollevare il piede che affondavanella neve.Si fermava ogni tanto, anelante.Ada si mise a seguirlo, cosí com era, senza nemmenocoprirsi; io non osai.Avevamo, in fondo, una vaga paura che Paolo fossediventato un po folle, ma prima e soprattutto era in en-trambe il pensiero che potesse ammalarsi per il freddo.Era una giornata buia, e solo dalla neve si riverberavaun chiarore verso il cielo basso e opaco.Vidi Paolo voltare il capo verso Ada, sorpreso, comese non la riconoscesse.La sua figura  il cappotto abbottonato alto, la foltacapigliatura, la barba (portava la barba, adesso) e tuttaquella neve intorno  mi rammentò qualcosa.Riconobbiun immagine che mi aveva incantata da bambina, la fo-tografia di un quadro: Tolstoj en route vers l infini.Man-cava solo la famosa: «tasca» russa.All improvviso provai ira, contro Paolo; e insiemecompassione di lui, cosí diverso da se stesso in quel mo-mento  eppure anche il simbolo di se stesso  e infinedi tutti noi, come se davvero fossimo giunti a essere sen-za casa, senza calore, davvero sperduti in mezzo a tuttaquella neve.Letteratura italiana Einaudi 102 Lalla Romano - Tetto muratoAda cercava di persuaderlo: Aspetta, a uscire, un giorno meno freddo.Rientra,te ne prego.Paolo non rispondeva; e si vedeva che non si sentivalibero nemmeno lí, ma ancora prigioniero, impotente.Ada, a testa china, ritornò indietro a lunghe e lentesgambate.Spinta da una disperazione un po infantile, convulsa,corsi a balzi, a salti, fino a Paolo.Gli fui addosso e glisinghiozzai davanti al viso:  Paolo, smetti di tormentar-ci, vieni.In camera, tornato a letto, egli mi disse  e aveva dinuovo la sua voce tranquilla: Non si dovrebbe mai, ricorrere alla violenza.Ma io non volli capire:  Quale violenza?Letteratura italiana Einaudi 103 Lalla Romano - Tetto muratoXXXIXPaolo l indomani era in uno stato di estrema debolez-za e prostrazione; tuttavia non disperato, anzi mite, umi-le quasi.L irrequietezza del giorno innanzi l aveva deltutto abbandonato.Era come dissanguato: era freddo, atoccarlo.Ada guardò sparire nella stufa quanto restava di sega-tura, e si vedeva dalla sua faccia che il cuore le si stringe-va.Ma non appena la stufa cominciò a spandere il suoultimo calore, ella aveva già superato lo scoraggiamento,già diceva: Bene, per oggi siamo a posto [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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